martedì 8 aprile 2014

Era il manicomio più grande d'Italia

Immerso nella vegetazione, nella Brianza, a venti chilometri da Milano si trova l'ex psichiatrico di Mombello o meglio... quello che ne rimane. Non è nemmeno difficile arrivarci. Ci avevano avvertito: è un porto di mare. E infatti di gente ne gira attorno. Parecchia. E' un set ambito per foto di ritratto, per video o per semplici esplorazioni come la nostra.  Una parte dello stabile è ancora occupata dal Sert e da altri ambulatori. Ci sono padiglioni che si assomigliano tutti, il primo è circondato dal nastro rosso. Non si dovrebbe entrare. Sui muri c'è anche il cartello, pericolo di crollo. Non si potrebbe entrare. Però è facile farsi prendere dall'adrenalinica voglia di entrare. E poi, lo fanno in tanti.... 
Su internet è facile trovarne la storia e la memoria: All'inizio fu Villa Pusterla, si parla del '400 poi la proprietà venne passata agli Arconati  fino a quando divenne proprietà della famiglia Crivelli nel 1718 e un loro discendente la rifecero ricostruire nel 1754 su progetto dell'architetto Francesco Croce, a cui si deve la struttura attuale. Vi dimorarono Ferdinando IV Re di Napoli e Napoleone Bonaparte.
Nel 1865 fu adibito a un manicomio, e diventò  il manicomio più grande d'Italia. 
Nel 1911 assunse la direzione di Mombello il dottor Giuseppe Antonini (1864-1938, direttore fino al 1931), che portava con sé un bagaglio ultradecennale di esperienza personale nella direzione di istituti psichiatrici, in particolare presso il manicomio di Udine, ed una cultura scientifica lungimirante. Allievo di Lombroso, Antonini si interessò non solo all’antropologia criminale e alla criminologia, ma anche alla psicologia, alla neurologia, alla clinica psichiatrica, producendo oltre cento pubblicazioni sulle diverse tematiche. La struttura venne ampliata e accoglierà oltre duemila persone ritenute "pazze". Anzi il record fu toccato nel 1918 con la presenza di 3504 malati. Nel 1942 vi trovò la morte il figlio di Mussolini, Benito Albino.  E' stato attivo fino al  1978 quando entrò in vigore la Legge Basaglia. Iniziò il suo progressivo smantellamento che si concluse nel 1999. 


sabato 1 marzo 2014

Sotto la finestra. Giochi di luce e trasparenze.

In uno dei rari giorni di sole che ci ha regalato questo atipico e piovoso inverno, ci siamo dati appuntamento io Lady Matisse davanti all'ampia finestra di un vecchio palazzo nel cuore di Padova.
Un palazzo storico costruito con muri solidi e portentosi, come non ne fanno più. Il pavimento in parquet che ricorda uno stile raffinato. Così abbiamo sfruttato la luce naturale, come facevano i fotografi di un tempo e qualche trucchetto fotografico in modo da creare una atmosfera eterea, surreale. Questo è il risultato del nostro esperimento.


sabato 15 febbraio 2014

Quelle botte di ruspa alla "Baldetti"




Era la nostra piscina. Dove tanti di noi di Rovigo e dintorni hanno imparato a nuotare. Era stata inaugurata il 14 maggio del 1975 e intitolata appunto a Francesco Baldetti, pioniere del nuoto rodigino. Era stata progettata dall'ingegnere rodigino Sergio Zerba. Io ci andavo da piccolo, poi ho ripreso i corsi di nuoto da grande, assieme alla mia prima ragazza. Una volta ci sono andato anche ai tempi del  liceo, quando decidemmo di iscriverci in tre, ma capitammo in una sera di inverno con le caldaie non funzionavano e così abbandonammo subito il campo ...o meglio la vasca.

sabato 8 febbraio 2014

Quel che rimane di Palazzo Giglioli





Primo vorrei segnalare il sito della giovane fotografa francese Lady Schnaps  che fa dei progetti come quelli che sto cercando di realizzare io da un po' di tempo. Insomma esplorazione urbana con foto di ritratto ambientato. Recentemente sono stato a Villa Giglioli a Serravalle di Ferrara dove c'è appunto questo vecchio palazzo che è stato fra l'altro anche bersaglio di tre incendi dolosi.

lunedì 3 febbraio 2014

Rincorrere la notizia

Anche il Carlino di Rovigo ha rincorso la notizia che le discoteche al nord est hanno chiuso.  Prendendo spunto dal blog memoriesonadancefloor.blogspot.it Dopo che la notizia era transitata sul sito di Repubblica, su Radio Deejay (dove Linus e Savino fra l'altro hanno mancato di completezza dell'informazione non citando nemmeno l'origine della notizia). Qualche giorno fa ne aveva parlato anche Il Gazzettino ed altri giornali e giornaletti. Volevo parlarne perfino io sulla mia pagina del settimanale con cui collaboro.  Questo fatto mi ha indotto a fare alcune riflessioni: Primo che il blog suddetto è un blog di esplorazione urbana e quindi  per una volta l'esplorazione urbana ha fatto notizia. Secondo che la costanza nel portare avanti un progetto prima o poi viene ripagata, porta ad un risultato. Prima o poi qualcuno si accorge del tuo lavoro fatto nel silenzio e vieni ripagato.  Terzo che forse un blog dovrebbe essere specialistico, per essere fruibile, utile ecc.  è meglio evitare di fare un misto, una specie di brodo di verdure, dove butti dentro di tutto per insaporire la pietanza. Quarto, mi fa pensare che di questo fatto, che ci sono tante discoteche che hanno chiuso, se fosse mancato questo blog, forse non si sarebbe saputo nulla, ovvero ci manca la visione della realtà, anche a livello giornalistico voglio dire. Manca una visione d'insieme. Ci sono i giornali grandi grandi che seguono le grandi notizie a livello nazionale e internazionale, e scendono a valle, nei paesini magari solo per qualche curiosità o per fatti molto spesso legati alla cronaca nera. Manca una via di mezzo, una visione intermedia. Quinto, c'è la mania di rincorrere la notizia: come dire: il tal giornale ha parlato di questo allora dobbiamo scriverlo anche noi!
Sesto,  tornando invece all'esplorazione urbana, io ho girato poco, per girare occorre del tempo libero, occorrono dei soldi, tante volte anche la decisione di andare in posto. Poi bisogna sapere dove andare, che posti vedere. Diciamo che personalmente piuttosto di visitare i posti e basta preferisco fare delle foto di ritratto ambientato, con delle modelle all'interno di questi posti. E' un genere che non piace tanto alla maggior parte delle persone. A volte mi faccio la domanda: fotografo per me stesso o per gli altri? La ragazza del blog sulle discoteche sicuramente avrà fotografato per se stessa prima di tutto e poi qualcuno ha visto in quello che faceva qualcosa di bello e di utile anche per loro. Ma potrebbe non essere così. Uno potrebbe fotografare per se stesso e basta senza destare nessuna attenzione o interesse nelle altre persone. Insomma non siamo  mica qui a rincorrere per forza la notizia come direbbe Pierluigi. Settimo, non rubare. Appunto non dobbiamo mica fare quello che fanno gli altri o hanno già fatto. Ottavo, basta ho concluso non devo mica per forza scrivere i dieci comandamenti. Anche questi li hanno già scritti. Nono, scusate se avete perso del tempo prezioso a leggere sto post. Decimo, ecco lo sapevo! Sono arrivato a dieci. Pazienza. 

domenica 29 dicembre 2013

Come back to Consonno



A Consonno è sempre festa! Chi viene a Consonno vive di più! Questo si leggeva sui cartelli ancora posti all'ingresso del paese. Io ci sono andato ieri per la seconda volta e non li ho fotografati. Anche questo è un record. Perché mentre i miei due compagni di esplorazione stavano sulla strada che arriva da sotto, io stavo sotto i portici a farmi degli autoscatti, preso da una smania mista di protagonismo, opportunismo e fantasia. Perché se c'è un posto a cui sono più affezionato di quel posto è quel portico che rischia di crollarmi addosso.
Adesso Consonno è la festa degli esploratori urbani. Il posto abbandonato per eccellenza che non può mancare nel portfolio del "buon esploratore". L'emblema dell'abbandono. Un po' come la figurina di Platinì nell'album dei calciatori Panini. Un luogo culto. Il sogno proibito per tanti ragazzi. Nel sogno del conte Bagno le cose però dovevano andare diversamente. Doveva essere la Las Vegas della Brianza e invece è diventata la Silent Hill della Brianza. Doveva essere il paese dei balocchi che diventava realtà e invece i blocchi di ghiaia e di terra hanno fatto l'effetto di una sveglia alla mattina presto che ti riporta ad un'altra realtà ben più amara. 

domenica 22 dicembre 2013

Quella villa sulla collina

Questa volta non è un posto abbandonato che andiamo a visitare, ma un castello incantato (che significa sorto per magia). Eh sì è proprio magica Villa Draghi e lo è ancor più in questi giorni di festa, quando un tappeto di lampadine ti accompagna lungo il percorso in mezzo al bosco di Montegrotto, un tocco in più ad uno scenario già fiabesco di suo, con alberi senza rami o dalle forme attorcigliate, rocche che spuntano solitarie nella nebbia, fumo termale che sale da ogni scolo e da ogni tombino. Questa villa si trova su un promontorio ad una altezza di circa 270 metri. La struttura architettonica originaria sul finire del Cinquecento era molto diversa: l’area sulla quale oggi è ubicata la villa, era occupata da una grande casa dominicale appartenuta a Elena Capodivacca, nobile padovana e nipote di Bartolomeo Capodivacca che nel 1577 fece restaurare i bagni termali a San Pietro Montagnon.Nel 1583, Elena andò in sposa ad Annibale Pimbiolo. Nel 1669 la casa dominicale fu acquistata dal nuovo proprietario: Alvise Lucadello, gentiluomo veneziano, che ampliò l’edificio con nuove fabbriche.Morto Pietro Scapin, la villa fu ereditata dalla nipote Elisabetta Valtorta, moglie di Giovanni Draghi. Di quest’ultima famiglia che l’abitò, la villa conserva ancora oggi il nome. Dopo la morte, avvenuta nel 1967, dell’ultima delle sorelle Draghi, la villa ebbe diversi passaggi di proprietà fino al 1972 anno in cui passò al Comune di Montegrotto. 



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